Chi va dallo psicologo?

Si rivolge allo psicologo chiunque sperimenti uno stato di disagio personale che fatica a superare con le proprie risorse.

Il disagio personale può assumere varie forme:

Spesso si presenta attraverso un SINTOMO, cioè qualcosa di estraneo a sé, che risulta essere limitante per la persona in qualche ambito (spesso anche più di uno) della propria vita. Il sintomo può coinvolgere uno o più piani del sè, mandandoli in “cortocircuito”.

Esempi di sintomi sono:

– pensieri ripetitivi ossessionanti: è molto coinvolto il piano cognitivo (pensieri, ricordi, fantasie)

– compulsioni, cioè azioni rituali che non si riesce a smettere di portare avanti: qui oltre al piano cognitivo è coinvolto il piano motorio-muscolare

– attacchi di panico: è coinvolto il piano emotivo, con le tipiche emozioni di paura, ma anche quello cognitivo (pensiero che possa capitare di nuovo) e quello fisiologico, che riguarda i funzionamenti degli organi interni (respiro, battito cardiaco, equilibrio del sistema nervoso autonomo)

– disturbi persistenti del sonno: è coinvolto principalmente il piano fisiologico

– disturbi nella sfera sessuale: è molto coinvolto il piano fisiologico, ma anche quello emotivo e cognitivo

Un sintomo non nasce dal niente, bensì ci indica che l’equilibrio precedente aveva alcuni punti di vulnerabilità. Il sintomo è un modo (non buono) che l’organismo trova per  riequilibrarsi, ma pagando per questo  un” costo” alto.

Facciamo un esempio, partendo da uno dei sintomi più frequenti del nostro periodo storico, che è l’attacco di panico. La persona che soffre di attacchi di panico spesso proviene da una storia personale in cui, per vari motivi, si è costruita l’idea di dovercela fare a tutti i costi, senza potersi permettere, a seconda dei casi, di ascoltare le proprie sensazioni di malessere, oppure di chiedere aiuto, oppure di accettare alcuni propri limiti….      L’attacco di panico a questo punto interviene come sintomo, per “riequilibrare”: la persona è costretta, suo malgrado, a ridimensionare il suo stile di vita, le sensazioni si fanno strada in un modo che non è più possibile ignorarle, non si può fare a meno di chiedere aiuto (spesso la persona, pur malvolentieri, chiede ai familiari di accompagnarla dove prima andava da sola….

Il sintomo, in questo caso come negli altri, è avvertito soggettivamente come qualcosa da eliminare, per poter riprendere a vivere come prima, tuttavia, se letto in profondità, ci dà delle indicazioni utili, perchè ci segnala che qualcosa nell’equilibrio precedente non era accessibile e va riaperto (per rimanere all’esempio precedente, può essere che si tratti della possibilità di accettare alcune proprie fragilità come qualcosa di buono e non da evitare a tutti i costi)

L’aiuto dello psicologo non consiste pertanto solo nel risolvere il sintomo, ma anche nel comprenderlo e nell’agire su ciò che lo ha provocato.

In altre situazioni il malessere non si presenta attraverso un sintomo, ma attraverso la percezione soggettiva che alcune esperienze importanti di vita  siano poco accessibili: questo stesso fatto crea scontentezza e disagio nella persona. Può trattarsi, ad esempio, del fatto di non riuscire a portare avanti le proprie posizioni in una discussione, oppure della sensazione di essere a disagio nelle relazioni troppo intime, oppure della difficoltà a sentire veramente cosa si desidera e attivare la propria progettualità in quella direzione, oppure di un senso costante di insicurezza….

A volte ciò che innesca il disagio sono dei cambiamenti in alcuni ambiti della vita. Prendiamo l’esempio di una persona che ha poca capacità di autoaffermazione e fatica a portare avanti l’espressione dei propri bisogni o desideri. Finchè i contesti che frequenta sono attenti a lei, o comunque non richiedono un utilizzo particolare di questa capacità, può stare bene e non avvertirà disagio, ma nel momento in cui per esempio cambiasse lavoro e si trovasse in un contesto in cui fosse necessario “tirare fuori le unghie” sarebbe in difficoltà, iniziarebbe ad avvertire che le proprie risorse non sono sufficienti e questo la porterebbe a chiedere aiuto quando fino a quel momento non aveva mai ritenuto di averne bisogno.

Anche in questo caso lo psicologo è d’aiuto nel recuperare (se sono state “perse”), o nel costruire (se sono sempre state carenti) quelle capacità che farebbero sperimentare un maggior senso di “pienezza”

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